mercoledì 1 ottobre 2014

Chi ha paura del refuso?

"Lo so, lo so, hai paura di commettere errori. Non devi avere questa paura. Anche dagli errori si può trarre profitto. Amico, quand'ero più giovane, io sbattevo la mia ignoranza in faccia alla gente. Mi rispondevano a bastonate. Ma a quarant'anni, il mio ottuso strumento era stato affilato fino ad avere una punta quanto mai aguzza. Se nascondi la tua ignoranza, nessuno ti darà una bastonata, ma tu non imparerai mai"

Fahrenheit 451 - Ray Bradbury 
traduzione di Giorgio Monicelli

Amici lettori, oggi parliamo di REFUSI! 
Il refuso è il mero errore meccanico, quello che seminiamo per distrazione o che ci lasciamo scappare digitando un testo con troppa veemenza: spostamenti di caratteri, lettere mancanti, segni superflui aggiunti per lo zelo di un mignolo indisciplinato e per colpa di un occhio troppo pigro che non se ne è accorto.
I refusi, in genere, sul Web sono tollerati, soprattutto se si scrive dalla tastiera di uno smartphone o da qualche tablet particolarmente piccolo. Non bisognerebbe, però, chiamare refusi le spudoratezze. Per esempio "qual'è", a cui i moralizzatori della penna danno la caccia con ferocia. E con scarsi risultati. Che l'italiano non se la passi bene, è un dato di fatto. Se prima si scrivesse meglio, non saprei. 
Dieci anni fa non c'erano molte occasioni per poter saggiare le capacità scrittorie di un amico, di un parente o della massa. Le Reti Sociali hanno sdoganato la scrittura, hanno dato "penna" a chi normalmente non la usava, hanno messo sotto gli occhi di tutti pecche, lacune....(e sia!) mostruosità che un tempo venivano nascoste.
Voglio chiedervi: fino a che punto siete disposti a tollerare gli errori ortografici o grammaticali? Quali non perdonate? Da chi potreste accettali e da chi proprio no? 
Io, per esempio, non li perdono nei libri, specie se garantiti da case editrici dai nomi altisonanti. Lo considero un affronto alla tradizione che rappresentano, alla loro storia, lo reputo un tradimento nei confronti del lettore che le ha scelte. 
La genesi degli errori può essere compresa e scusata: correzioni dell'ultimo minuto che non coprono perfettamente quanto scritto in precedenza, spostamenti di parole da una riga all'altra non del tutto riusciti, velocità nella battitura. Ma la rilettura? Perché è mancata? 
Posso perdonare l'autore, non il correttore. Non accetto che attorno a un solo volume ruoti l'impegno e il lavoro di molte persone, che si spenda tempo a confezionare copertine ammiccanti, a trovare titoli efficaci e poi sfugga l'enormità.
  • Alcuni esempi cattivi

Partiamo dal più recente, da cui scaturisce questa riflessione. In "Mare di zucchero" di Mario Desiati, editore Mondadori, si legge:
" L'altra specialità di zio Gazmir erano i comizi contro gli italiani. Era stato loro prigioniero durante l'occupazione, GLI [maiuscole mie] aveva visti da vicino, aveva imparato qualche frase...". 
Nelle infinite riletture che meriterebbe un'opera di buon livello destinata ai ragazzi, come è stato possibile dimenticare quella G e sbagliare il pronome alla stessa stregua dei ragazzini a cui il libro è rivolto? 
"Foto di classe", restiamo con Mario Desiati, ma cambiamo editore, Laterza:
"Venituccio è il padre di Osvaldo, il presunto PR delle discoteche versiliane: fisico palestrato e viso belloccio, scende IN ESTATE NEI MESI INVERNALI [maiuscole mie], quando la costa tirrenica s'ingrigisce e si mette in letargo." Chiaramente c'è un' estate di troppo, ma a quanto pare nessuno se ne è avveduto. 
Passiamo a Sellerio con Alicia Gimemez-Barlett e "Segreta Penelope", nella traduzione di Maria Nicola. Purtroppo non ho il passo per le mani (ma lo aggiungerò quanto prima) e non riesco a citarlo testualmente, tuttavia nelle primissime pagine del romanzo, per ben due volte, mi imbatto in UN' + maschile (o UN + femminile, non ricordo), fidatevi sulla parola. Persino nella recensione (LEGGI) ho dovuto segnalare la presenza di questi errori che mi colpirono immediatamente. 
In tutti e tre questi romanzi, il refuso non pregiudica la qualità del lavoro che resta bello e consigliato, però....delude. Come una piccola macchia sul vestito di seta appena indossato.
  • Io e i refusi

Da quando ho iniziato a scrivere un Blog lo spettro dei refusi, degli errori ortografici, delle ripetizioni, degli anacoluti, di qualunque patacca certifichi la mia imperfezione mi assedia. Rileggo i miei post fino ad averne la nausea, e sempre mi sfugge una virgola, un punto, un accento, una ripetizione, una preposizione non richiesta. Non si contano le modifiche che effettuo anche dopo la pubblicazione. Se mai dovessi decidermi a scrivere un romanzo, morirebbe di labor limae dopo poche pagine. 
Il labor limae è una forma sofisticata e maniacale di insoddisfazione, oltre che coscienza dei propri limiti, un morbo che mi appartiene da sempre e che risparmia il Blog solo perché in Rete tutto è concesso ed è facile assolversi se nessuno ci rimette (più grave sbagliare in classe, di fronte ai propri alunni o in un romanzo che si è deciso di mettere in vendita.)
  • Errori e maestrini

Eppure, anche in Rete ci sono gironi infernali  in cui essere sgrammaticati, per caso o in recidiva, significa la Gogna. 
Se frequentate gruppi o siti che riguardano la scuola (che siate insegnanti o alunni o genitori) state attenti a come vi esprimete perché in certe plaghe l'errore - che sia refuso o sfacciato svarione - costa caro. 
I maestri dalla penna rossa e dalla lunga bacchetta sono pronti a flagellarvi pubblicamente
Aneddoto. Qualcuno pone una domanda o fa una considerazione, gli scappa un di troppo: Apocalisse!!!
"Hai usato un accento ci voleva l'apostrofo. La lingua è importante studiala!" subito il tono si alza, ma spunta un Terzo che fa notare all'esperto di ortografia le virgole mancanti e necessarie. Ma quello, a sua volta risponde, "Dai, è un REFUSO, un errore di battitura, tu piuttosto hai sgarrato la preposizione!" nel frattempo il Primo, che non si era ancora accorto di nulla sbraita contro la maleducazione e i toni di chi si permette di correggere e di giudicare senza conoscerlo a fondo, ma intanto scrive "affondo" e si scatena l' Autò da fè. "Siamo insegnanti, dovremmo scrivere bene anche gli sms, i post, le chat, interiezioni e smile compresi! E conoscere la dizione. E pure la prosodia. E la metrica. Parlare in endecasillabi. Sillabare una canzone di Battiato. Recitare al contrario Il passero solitario. E riscrivere la Gerusalemme liberata."
Poi arriva l'annoiato che con fare distaccato, ma in realtà sprezzante, copia-incolla il parere della Crusca, pescato nel calderone dei siti sorti all'occorrenza e mostra che tutti, nessuno escluso, sono ignoranti. Lui no, il principio d'autorità lo salva. 
La discussione va avanti per ore e si dimentica del motivo per cui era stata aperta. Quando si tira in ballo la sintassi si raschia il fondo, scappa la parolaccia, l'insulto razzista (terrone, questo è dialetto!) in ultimo la minaccia (terribile!): "ti blocco" "ti ho già bloccato" "ho bloccato te e i tuoi fino alla settima generazione". Mah
Alla fine spunta, salvifica, l'eccezione. Arriva il Superesperto, quello che ha accumulato dottorati e parla come fosse schiacciato dal peso stesso delle pubblicazioni, numeri innumeri, miscellanee e contributi, e ci dimostra che ALT: qual'è lo ha usato anche Fenoglio, sé stesso è ormai accettato, ma però è una poesia, tu valuti (voce del verbo valutare, seconda persona singolare presente) si dice tu valùti e se consideriamo l'italiano nelle sue varianti regionali (tutte rispettabilissime!) dobbiamo allargare la sintassi e accogliere a braccia spalancate strutture che la prof. di scuola media (io per intenderci!) segnerebbe in blu.
Qualunque argomento, serio, faceto, profondo o superficiale scolorisce di fronte all'impeto di chi vuol salvaguardare la lingua. Tutto diventa quisquilia quando entrano in pista i puristi. Gli ipercorrettisti d'assalto.
E mai nessuno che balzi dalla seggiola di fronte a contenuti aberranti, superbamente scritti. O di fronte al vuoto infiocchettato. Il contenuto non si discute mai, la forma sempre. 
  • Rilassiamoci, piuttosto....

La lingua si difende in molti modi, non certo col terrorismo. Le fanno bene i dubbi, le correzioni educate e costruttive, cercare la regola sapendo che quella regola prima o poi sarà spazzate via dall'uso. La lingua si ama nel confronto e nella discussione, studiandola, ma anche utilizzandola, spremendola.Quando qualcuno, per paura di sbagliare, non scrive, non formula un pensiero e si censura, s'impoverisce l'Italiano e anche il mondo. 
Il libro più bello che abbia mai ricevuto in regalo è Il libro degli errori di Gianni Rodari, dono della mia maestra. Non so dove sia, l'ho cercato più volte anche in cantina, negli scatoloni, sempre invano. Sopravvive però nella memoria. Con filastrocche, poesie e racconti l'autore passava in rassegna gli errori ortografici più comuni, ma l'insegnamento più grande che mi ha lasciato e che amo ricordare a chiusura di questo post, stava nel riconoscere che irreparabili sono solo gli sbagli commessi per mancanza di cuore. 







5 commenti:

  1. Uhu, argomento caldissimo per me! Anch'io non sopporto i refusi nei libri: ammetto che possa saltare un carattere o che ne compaia uno di troppo, ma, quando sono refusi colossali tipo nome singolare-verbo plurale (o viceversa), un con o senza apostrofo a sproposito o qual è con l'apostrofo, l'editor in questione perde di colpo la mia stima, soprattutto se un libro trasuda sciatteria da ogni poro... spesso, infatti, gli errori di questo genere non sono isolati.
    Altra cosa è il web, soprattutto per la velocità di scrittura e lettura che questa forma di comunicazione comporta; lì non si dovrebbe avere il "grilletto facile" e sparare a zero al primo errore, però, se si interviene in certi contesti (tipo pagina della Crusca, gruppo di scrittori in erba o spazio di professori o aspiranti tali), la correttezza è più che un caldo consiglio e il fatto che la si dimentichi nella tastiera può almeno far storcere il naso. In questi casi tendo a drizzare particolarmente le antenne e, se vedo un refuso, dapprima lo classifico come tale, poi, se mi imbatto nuovamente nello stesso commentatore o autore che per N volte commette regolarmente lo stesso strafalcione, la scusa della grazia concessa dal web non regge più. Est modus in rebus! ;)

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    1. D'accordo su tutta la linea!
      Ho notato che la ferocia dei flagellatori sul web si scatena sempre nei confronti di chi si mostra arrogante nei toni, meno con chi è più timido ed educato ma altrettanto sgrammaticato. Questo aspetto non mi piace, sebbene qualche volta anch'io mi sia abbandonata ad una reazione istintiva e stizzita. Se si deve correggere uno svarione, si dovrebbe farlo a prescindere (e sempre con garbo, misura, senza ironia), non come fosse un'arma per togliere credibilità a qualcuno che non mi piace o di cui non condivido i contenuti. In autobus ho ascoltato un dialogo fra due liceali: uno spiegava all'altro che, a causa di una vita sedimentaria, stava prendendo peso e si sentiva sempre stanco. L'altro lo ha ascoltato a lungo, annuendo, intervenendo con consigli sull'alimentazione e sugli sport più facili da praticare senza spendere una fortuna. Solo alla fine, con molta dolcezza, ha aggiunto: "Comunque, attento Michi, si dice vita sedentaria, non sedimentaria" "Ah, grazie!". Ecco, i due ragazzi mi hanno dato un buon insegnamento. Io, Michi, lo avrei preso in giro per decenni. Est modus in rebus. Non bisogna lasciar correre né essere troppo sarcastici di fronte agli errori delle persone che ci stanno accanto più o meno virtualmente.

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    2. Ecco, Michi ha avuto la fortuna di ricevere un commento cortese e interessato: avrà imparato dal suo errore. Purtroppo ci accorgiamo molto spesso di come sia raro trovare persone che avanzano osservazioni con il reale intento di apportare un contributo costruttivo alla conversazione o di imparare da essa qualcosa. Troppo spesso si interviene in una discussione, anche nel web, per contraddire qualcuno, magari offendendolo, e allora il web tira fuori il peggio degli utenti... in questi casi, se uno si limita a criticare uno strafalcione grammaticale, siamo anche fortunati: a volte si arriva a cose peggiori che denotano un'ignoranza ben più profonda di quella ortografica!

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  2. il qual'è l'ho uso anch'io ed è stato usato in passato da autori illustri, tecnicamente è un errore, ma viene comunque utilizzato... ciao a presto

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    1. Attestazioni ce ne sarebbero anche nella stampa, ma per ora la regola grafica non è cambiata e non lo si può accettare: bisogna metterlo da parte. Tuttavia ciò che contesto fortemente in materia di errori ortografici è l'atteggiamento sprezzante o ironico di chi corregge con cattiveria, solo per screditare l'interlocutore o per sentirsi migliore (non certo per amore della lingua). Non è giusto perché chiunque può sbagliare prima o poi. Si deve correggere, come dice Athenae Noctua con cortesia e interesse a che l'altro migliori. Allo stesso tempo credo che tutti dovremmo avere più umiltà riconoscendo i nostri errori e mostrando un atteggiamento ricettivo e desideroso di migliorare (con lo studio, l'esercizio, il ricorso al dizionario in caso di dubbio). Io mi sento sempre sulla strada dell'apprendimento. So di avere un rapporto difficile con la punteggiatura (e nel controllare i periodi lunghi) ma mi sforzo di migliorare...

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