domenica 28 settembre 2014

Un mare...di libri!

Buona domenica, amici miei e molto più dei buoni libri!

Come promesso nel mio post precedente (Mario Desiati, Foto di classe), vi racconto oggi dello straordinario incontro che sabato 27 Settembre, in occasione della Festa dei Lettori, si è tenuto nell'Auditorium comunale di Martina Franca fra lo scrittore Mario Desiati e gli alunni della scuola Battaglini. 
Penserete forse che "straordinario" sia il solito aggettivo esagerato e sensazionalistico, utilizzato con troppa leggerezza e poco buon senso allo scopo di attirare la vostra attenzione: NO! 
Perché è uno spettacolo che emoziona davvero (e che dovrebbe ripetersi spesso!) vedere centocinquanta ragazzi fra i dodici e i quattordici anni pendere dalle labbra di uno scrittore, mentre questi racconta una storia che ai loro orecchi suona fiabesca e remota; perché né la nostra dirigente né nessuno di noi insegnanti si aspettava che un fiume di alunni si sarebbe precipitato, sotto gli occhi sconcertati e anche un po' atterriti dell'autore, ai piedi del palco per rivolgere domande varie e incalzanti, alcune eleganti, preparate con largo anticipo e appuntate con calligrafia incerta su diari colorati, post-it e pizzini d'ogni sorta, altre spontanee, imbarazzanti, dirette, cavillose, generose; perché è stato bello osservare gli alunni ridere a crepapelle ascoltando gli aneddoti che Mario non ha lesinato e con cui ha ricostruito i tempi d'oro della sua prima adolescenza, quando il sogno di fare lo scrittore sembrava ancora un "piano B", mentre il progetto più urgente e importante era fare il calciatore: e ci credeva, poverino, nonostante un provino ufficiale disastroso narrato adesso con toni apocalittici. 
Mario Desiati, a cavalcioni sul palco dell'auditorium, ha parlato agli alunni nella loro stessa lingua. Fra tutti ha individuato a colpo sicuro la ragazza che, senza tentennamenti, ha raccontato di sé e del suo futuro e l'alunno più vivace, l'originale, il più complicato dell'istituto che, chiamato sul palco e insignito dell'onore del microfono, ha sfoggiato un sorriso grande quanto quella platea che lo acclamava, un sorriso che ha portato, poi, con sé per tutto il resto della giornata. Per l'una e per l'altro sarà, ne sono certa, un'esperienza indimenticabile. E l'assoceranno a un libro. Che forse non volevano leggere, che forse hanno trovato difficile o troppo lungo rispetto agli standard a cui sono abituati, ma che all'improvviso hanno percepito come importante e coinvolgente, capace di traghettarli in una dimensione condivisa dove era possibile sì parlare di sé, ma anche del mondo, degli altri, di quelli come noi e di quelli diversi da noi, dei vicini e dei lontani. 

All'improvviso chi stingeva tra le mani "Mare di zucchero. Due ragazzi e un sogno: la libertà" si è sentito importante e privilegiato. Chi non lo aveva voluto leggere, guardava con occhi avidi i compagni e qualcuno chiedeva a me, se per piacere potevo passargli la mia copia, per un attimo, "per darci un'occhiatina". 
Da lettrice e da prof. gongolavo. E mi dicevo, basta così poco per fare innamorare i ragazzi di un libro! 
"Mare di zucchero" che recensirò prossimamente è la storia di due ragazzini, Luca ed Ervin, una storia che racconta di coraggio e di sogni. Per Ervin il sogno è la libertà, che lo spinge a intraprendere un viaggio quasi epico sulla nave Vlora, su cui si ammassano ventimila persone e se si lancia una mela in aria, non  cade perché non c'è spazio, non c'è vuoto. Per Luca (che ha molto in comune con Mario Desiati) i sogni sono incerti e fumosi, ma la storia di Ervin, il suo coraggio, lo colpiscono al punto da farlo maturare in fretta. Così troverà la forza di volontà necessaria a difendere i suoi talenti e inizierà a lottare per essi.
L'incontro con l'autore si è aperto con l'introduzione curata da due mie colleghe: Anna Grazia Sproniero e Grazia Pinto. La prima ha esposto una breve presentazione del romanzo, per quanti tra noi non l'avevano letto; la seconda ha raccontato di quando, quattordicenne, frequentava le tendopoli che, nelle nostre città di Puglia, ospitavano gli albanesi approdati nei porti di Bari e di Brindisi. Si offrivano loro viveri, vestiti, libri e si stringevano amicizie. Molte di quelle amicizie si sono perse dopo pochi mesi, con i rimpatri, le partenze per altre regioni, o per semplice incuria, quando, terminato lo slancio iniziale di solidarietà, lo stupore per la novità che aveva il sapore della fiaba, la tendopoli era addivenuta un luogo come un altro. E i riflettori della cronaca, TV e giornali, si erano spenti.
Strane coincidenze, intersezioni curiose....io, l'autore, le colleghe organizzatrici avevamo l'età dei nostri alunni quando i fatti narrati nel romanzo ebbero luogo. 
"Perché ha voluto raccontare dello sbarco degli albanesi negli anni Novanta e non degli sbarchi più recenti sulle coste di Lampedusa?" ha chiesto un'alunna con la sua voce pulita, dopo essersi presentata. 
Mario Desiati non ha risposto di getto, ha guardato nel vuoto per qualche secondo e, come in preda a una nostalgia struggente, si è lasciato sfuggire: "Perché io c'ero!" 
Questa storia nasce dalla volontà di approfondire un tema assai caro all'autore, che più volte si è occupato di emigrazione, ma anche dal bisogno di rievocare un'esperienza importante, tirandola fuori dal proprio passato, dalla nostalgia di un tempo in cui la cronaca che d'improvviso era capitombolata nella nostra vita, aveva preso il sapore di un' avventura meravigliosa. Anche io c'ero. Undicenne, al porto, ad occhi spalancati di fronte a quelle navi troppo piccole per una folla numerosa che si agitava e mostrava, con l'indice e il medio, il segno di una vittoria in cui credeva profondamente. E c'ero, in prima media, quando col mio professore di italiano scrivemmo un piccolo copione che aveva come protagonisti i ragazzi di una scuola pugliese e un loro coetaneo albanese in cerca dei suoi genitori. Ancora oggi, a Monopoli, nella mia città, di fronte alla spiaggia di Cala Paradiso, l'enorme spiazzo che ospita giostre e fiere, è a tutti noto col nome di tendopoli, benché le tende siano andate via molti anni fa e gli undicenni di oggi non le abbiamo mai viste e forse non si chiedono nemmeno il senso di questo nome rimasto tenacemente incollato al luogo.  

"Perché ha voluto scrivere un libro per ragazzi?"
Anche questa domanda sembrava mettere a disagio Mario Desiati. Forse desiderava scrollarsi di dosso l'accusa che potesse trattarsi di un'operazione di marketing (i libri per ragazzi si vendono bene!) forse non è mai troppo facile rispondere alle domande che cominciano  a bruciapelo con  "perché". In realtà, ci ha detto, molti suoi romanzi per adulti hanno come protagonisti ragazzi dell'età di Luca ed Ervin. E anche "Mare di zucchero", confessa, in realtà è un romanzo molto più adatto agli adulti che ai ragazzi, benché vi sia uno stile più semplice e immediato. 
L'adolescenza è un tema ricorrente nell'opera di Desiati. Il tempo più ricco e intenso della vita. Il tempo in cui, in un calderone, si mescolano con furia gli ingredienti per la vita che verrà, per l'uomo o la donna che da quelle esperienze nasceranno. 
Desiati ha saputo parlare agli uomini e alle donne di domani che si nascondevano nei centocinquanta ragazzi della mia scuola. I nostri alunni, scalmanati e straordinari. Spero che la lettura e tutto ciò che essa ha generato - domande, curiosità, risa, scherzi, incontri, conoscenza, festa - contribuisca a lasciare in loro un segno ben marcato. E a farne dei lettori poco "scolastici" e molto appassionati. Impertinenti, esigenti, fantasiosi.




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