giovedì 31 luglio 2014

Nasce InVersi

L'Infeltrita non legge solo prosa, talvolta anche versi, rime sparse, poemi e filastrocche. 
La poesia abita i suoi scaffali e ogni tanto vi attinge alla ricerca di afflato

Cos'è l'afflato? Rubo questo vocabolo al regista poliedrico, narcisista e inquieto che ha guidato alcune mie esperienze teatrali, ormai lontane nel tempo. L'afflato era per lui una particolare intensità della voce con cui si faceva propria una poesia, quando la si leggeva; il modo di mostrare a tutti che la si sentiva vibrare sulle corde più profonde. 

Per me l'afflato è la sintonia intellettuale, emotiva, viscerale con i versi che incontro. Il mettersi in moto di pensieri, associazioni, simbologie, toni e sotto-toni, intermittenze di luci e ombre che agitano il paesaggio dell'anima.

Al di là di un approccio dotto o critico - che non posso né voglio permettermi -il mio rapporto con la poesia è eclettico, saltuario e trascende la logica. 
Seguo percorsi istintivi, non necessariamente diretti da quello che chiamiamo gusto. 

E accosto Pavese e Saba. Patrizia Valduga e Vivian Lamarque. Caproni Raboni Piersanti a Leopardi e Tasso. E poi Sylvia Plath ed Emily Dickinson, che denunciano, spietate, le  falle del mio perfect English -  e corsi e certificazioni non bastano, a quanto pare non servono, a gustare armonie e schianti della lingua originale.
La poesia per me segue stagioni arbitrarie.
Newborn Baby on the Hands - Otto Dix

Questa rubrica verrà aggiornata di tanto in tanto.
L'Infeltrita lo promette. 

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